10 maggio 2008


Bravo Napolitano!

Devo ricredermi su Napolitano. Chi ha letto mie passate riflessioni sa che non sono mai stato tenero con questo ex comunista, che nel 1956 non esitò a prendere posizione in appoggio dei carri armati sovietici, intervenuti a soffocare nel sangue la rivolta ungherese.

Un comunista ortodosso, quindi, sempre allineato alle posizioni del Partito.

Non potevo accettare che questo ex comunista salisse al più alto grado istituzionale della Repubblica, votato solo dalla maggioranza risicata ottenuta da Prodi e dai nostalgici democristiani dell'UDC. La stessa maggioranza risicata, che aveva appena occupato altre due alte cariche istituzionali: la presidenza del Senato e la presidenza della Camera.

Il mio giudizio negativo si era rafforzato registrando la tiepidezza con cui ebbe ad affrontare il problema dei senatori a vita, quando questi con il proprio voto decisivo assicuravano la fiducia al governo, causando un vero e proprio vulnus alle regole democratiche e allo spirito della Costituzione, per cui il solo detentore del potere è il popolo e i suoi rappresentanti legittimati dal voto popolare.

La Democrazia è fatta di regole ma, ancor più, di comportamenti, ed i comportamenti di certi senatori a vita avrebbero dovuto essere censurati. Il Nostro censurò, invece, chi deprecava questi comportamenti, lontani da ogni etica democratica.

Ma oggi, 9 Maggio, giornata della memoria contro il terrorismo, Napolitano ha fatto un intervento memorabile. Napolitano, con parole ferme e chiare ha denunciato il fatto che i terroristi italiani, colpevoli di decine di omicidi, godettero di una colpevole( non sono le esatte parole di Napolitano ma il senso è proprio questo!) generosità da parte dello Stato. Dopodichè, invece di eclissarsi nell'ombra, questi figuri, oggi, sono diventati i protagonisti di tribune televisive, che oltre ad essere un vero e proprio insulto alle vittime di questi carnefici ed ai parenti delle vittime, rischiano di alimentare tarde ideologie comuniste.

Perchè è importante questo intervento di Napolitano? Di un ex comunista? Perchè quando si parla di terrorismo in Italia, parliamo di un fenomeno che non ha uguali in tutta Europa e che trova le sue origini nella nostra guerra civile, voluta e scatenata dal Partito Comunista Italiano per conquistare il potere, approfittando della sconfitta dell'Italia. Solo la presenza delle truppe anglo-americane non permise a Togliatti ed ai suoi accoliti, come sappiamo, di realizzare l'obiettivo.

Così, dopo il 25 Aprile, alle bande partigiane comuniste non restò che sfogare la loro rabbia andando a caccia dei fascisti o presunti tali o, comunque, di chi non si allineava al loro credo, rendendosi responsabili di una sanguinosa mattanza, che andava ad aggiungersi alle stragi compiute dagli ex alleati tedeschi per reazione difensiva agli inutili e proditori attentati dei partigiani comunisti.

Nel dopoguerra il PCI ha puntato molto sulla creazione del mito resistenziale, dove i comunisti si presentavano come i difensori della libertà e protagonisti indiscussi della sconfitta del nazi-fascismo, lasciando che una parte della propria base elettorale si sentisse defraudata di una mancata rivoluzione proletaria. Questo fu il terreno di coltura di movimenti, più o meno clandestini, che portarono, infine, alla nascita delle Brigate Rosse.

La nomenclatura comunista italiana anche quando, pressata dalla Storia, fu costretta ad abbandonare il termine 'comunista', non ha mai avuto il coraggio di fare un'analisi spregiudicata del comunismo italiano e di quelle che, eufemisticamente, vengono chiamate “zone d'ombra”, presenti nella “epopea resistenziale”.

Questo il motivo per cui se i terroristi erano “rossi”, erano compagni che sbagliavano e trovavano sempre il magistrato pronto a tirarli fuori; e, più generalmente, la letteratura, il cinema, la cultura in senso lato, trovavano sempre una giustificazione sociale al terrorismo di sinistra.

Oggi le affermazioni del Presidente Napolitano, che denuncia la colpevole generosità mostrata dallo Stato verso questi figuri, fanno presagire che i tempi sono maturi per un'analisi storica, più obiettiva, delle motivazioni e delle responsabilità di un dopoguerra durato troppo a lungo.



22 aprile 2008



25 Aprile.


Ci risiamo con le “mobilitazioni straordinarie del Paese”. Ci risiamo con i “gravi rischi per la tenuta del sistema democratico”. Dopo la sonora batosta elettorale le sinistre, da Veltroni a Rizzo, dimostrano che, ancora, non hanno capito niente. Ancora suonano vecchi spartiti. Ancora, con il 25 Aprile, sperano di rivivere le radiose giornate in cui i loro padri andavano a macellare, a guerra finita, chi non la pensava come loro e, quindi, era di intralcio per la conquista del potere.

Le Brigate Rosse, qualche anno più tardi, cercarono di finire il lavoro incompiuto dei padri !

Veltroni, con una gran faccia di tolla, ha addirittura accusato il centrodestra di fare una campagna d'odio, a fronte di una campagna elettorale della sinistra, allegra e festante.

Basta leggere L'Unità, Liberazione e il Manifesto per rendersi conto della serenità di giudizio di costoro, che l'odio sembra l'abbiano succhiato con il latte della madre.

Basta vedere Anno Zero dell'ineffabile Santoro per capire chi è imbevuto d'odio. Gli Italiani hanno dimostrato di non avere l'anello al naso, nonostante i pareri contrari espressi, con la bava alla bocca, dall'architetto Fuksas e dal politologo Sartori.

Gli Italiani vogliono voltare pagina e vogliono scegliere i politici che sono in grado di risolvere i loro problemi.

Il 25 Aprile è diventata, da subito, la festa di una fazione politica, quella comunista, che celebrava la vittoria anglo-americana come propria vittoria in una sanguinosa guerra fratricida, che essa stessa aveva scatenato, per trarre vantaggio dalla sconfitta nazionale e conquistare il potere. Una inutile guerra civile, che non ha portato nessun beneficio all'Italia sconfitta ma ha solo generato lutti e odii che, ancora, influenzano la vita politica italiana.

I tempi sono maturi per pensare, al posto del 25 Aprile, ad una giornata della concordia nazionale, lasciando che i conflitti di 60 anni fa diventino argomento degli storici, senza continuare ad avvelenare la vita politica odierna.


05 marzo 2008



Il tram chiamato Veltroni.


Per il PD i nodi cominciano a venire al pettine. Le scelte disinvolte di Veltroni, in tema di alleanze e di formazione delle liste, stanno procurando disorientamento nell'elettorato tradizionale del partito e veloce ripensamento negli ingenui, rimasti ammaliati dall'eloquio del grande affabulatore.

Prima, l'accordo con l'ex magistrato-poliziotto Di Pietro, che frenerebbe (in caso di una, per fortuna improbabile, vittoria) ogni tentativo di riforma in senso europeo della macchina giudiziaria italiana, a cominciare dalla separazione, ormai ineludibile, delle carriere fra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.

Poi, nella frenetica ricerca di voti, è arrivato l'accordo con i Radicali e la promessa di riservare 9 seggi per loro, in Parlamento, a compensare la loro rinuncia al simbolo di partito e la confluenza nel PD. Un accordo che ha fatto venire il mal di pancia alla parte cattolica del PD e, di più, sta facendo smottare l'elettorato cattolico, ex Margherita, verso la formazione UDC-La Rosa Bianca di Casini. Ma non è finita. Il furbetto del quartierino ha tirato la patacca ai Radicali, piazzando i loro candidati in liste e posizioni niente affatto blindate e, pertanto, i nove seggi promessi sono del tutto teorici. Pannella ha accusato senza mezzi termini Veltroni di non avere mantenuto la parola data e, per protesta, ha iniziato lo sciopero della sete. Veltroni ha risposto che le liste del PD non possono essere considerate un tram per andare in Parlamento. Non ha chiarito, però, se lui l'avesse promesso o no, ai Radicali. Sono scemi loro, che hanno capito fischi per fiaschi o lui gli ha tirato il bidone?

Gli Italiani, ora, sono avvertiti: le promesse ed i programmi di questo signore hanno il valore della carta straccia.

Il PD è il Partito del Lavoro, afferma Veltroni, e per sottolinearlo fa entrare in lista un operaio della Thiessen, il cui solo merito è quello di essere l'unico superstite della tragedia dell'acciaieria di Torino, che ha commosso l'Italia intera. Chissà che non porti qualche voto? Pensa il nostro amico. Ma il PD è anche il Partito degli industriali e arruola Colaninno e Calearo. L'uno è il figlio di quell'esponente dei “capitani coraggiosi”, che dettero l'assalto alla Telecom, quando palazzo Chigi, occupato da D'Alema, era diventata la Banca d'Affari più importante d'Italia.

L'altro, dirigente della federmeccanica, considerato un falco degli imprenditori, l'altra sera a “Ballarò” ha fatto sbiancare il suo compagno(si può ancora dire?) di partito Letta, quando ha ringraziato Mastella per aver fatto cadere Prodi, e si è augurato che Visco non venisse ricandidato.

Calearo forse non sa che Prodi è il Presidente del partito, che lo sta candidando e che lo stesso Veltroni, fino all'altro ieri operava affinchè il governo Prodi durasse fino al 2010.

Non c'è che dire nel PD c'è un po' di confusione!







01 febbraio 2008



La forza dei fatti.


La campagna elettorale del 2006 arriva dopo un'opposizione senza quartiere che per cinque anni, ha sottoposto gli italiani ad una martellante propaganda antigovernativa. A cominciare dai fatti e misfatti del G8 di Genova, la piazza sindacale per l'articolo 18, i girotondi, gli scioperi dei magistrati, i cortei dei pacifisti o, meglio, dei pacifinti, il sistematico attacco di ogni legge o riforma fatta dal governo, dalla legge Biagi, alla riforma scolastica, dalla riforma Rai, alla legge sull'immigrazione, tutto declinato con violenza verbale e non solo: ricordate le ingiurie a Berlusconi e il cavalletto che lo raggiunse al capo ? Per non parlare dei continui allarmi per presunti pericoli per la democrazia.

Tutto questo e la lunga crisi economica internazionale, la più lunga del dopoguerra, e che aveva accompagnato fin dalla sua nascita, con la tragedia delle torri gemelle, il governo del centro-destra, aveva contribuito a creare nella popolazione uno stato d'animo di profondo pessimismo e di sfiducia.

Tutti scommettevano su una travolgente vittoria di Prodi, che era riuscito a mettere in piedi una coalizione antiberlusconi, con un dettagliato programma politico, in cui aveva messo d'accordo Mastella e Diliberto, Dini e Bertinotti, Di Pietro e Pecoraro Scanio. Un vero e proprio capolavoro politico! Alcuni pronostici davano l'Unione in vantaggio di circa 10 punti sulla CdL.

Nonostante questo, la vitalità politica di Berlusconi ebbe ragione di ogni pronostico. Anche della colpevole inerzia dei suoi alleati. Con un guizzo portentoso recuperò lo svantaggio iniziale e, senza il pasticcio di Tremaglia del voto degli italiani all'estero, avrebbe persino centrato l'obiettivo della vittoria.

Un tema centrale della campagna elettorale del centro-destra era stato la denuncia della estrema disomogeneità della coalizione di centro-sinistra, tenuta insieme solamente dall'antiberlusconismo e da un megaprogramma dove si poteva trovare tutto e il contrario di tutto: fatto ad arte perchè ogni partito vi potesse trovare le ragioni della partecipazione alla coalizione.

Prodi, per contro, assicurò gli italiani che avrebbe provveduto a renderli felici.

Presero 24.000 voti in più alla Camera e 350.000 voti in meno al Senato.

Della striminzita vittoria, che aveva il sapore della sconfitta, il centro-sinistra continua a dare la colpa alla legge elettorale ma la verità è che molti italiani non si fidarono di Prodi e alla fine preferirono ancora Berlusconi.

Tenuto conto dei gravi problemi del Paese e dell'oggettiva difficoltà che avrebbe incontrato chiunque a governare con una maggioranza risicata, qual'era quella uscita dalle urne, Berlusconi propose a Prodi un governo di larghe intese per affrontare le grandi riforme necessarie.

Ma Prodi rigettò arrogantemente l'offerta, affermando che la sua coalizione avrebbe governato per l'intera legislatura.

E l'Unione, imperterrita, senza tener in alcun conto che, in base ai numeri, la maggioranza degli italiani era con la CdL, occupò tutte le cariche istituzionali: presidenza del Senato e presidenza della Camera.

Per di più, poco dopo, alla scadenza del mandato di Ciampi, il centro-sinistra nominò presidente della repubblica, con i voti dell'Udc ma senza i voti di Forza Italia, AN e Lega, Giorgio Napolitano, vecchio dirigente del PCI e ora dei DS.

Avevano occupato le istituzioni, ma i voti al Senato erano comunque pochi. Ecco allora che ad ogni votazione di rilievo scattava la precettazione dei senatori a vita, cioè di ex presidenti della repubblica o personaggi nominati da questi e che, guarda caso, sono tutti agganciati in un modo o nell'altro al carrozzone del centro-sinistra, cosa che la dice lunga sulla “cupola”, affaristico-politico-culturale, che ci domina da anni.

La Costituzione Italiana è la sola al mondo che prevede l'istituto dei senatori a vita, recepito dal vecchio statuto monarchico. In una moderna democrazia è, ovviamente, inaccettabile dare un potere decisionale, in parlamento, a chi non ha avuto una legittima delega dal popolo, l'unico soggetto detentore della sovranità.

Questa anomalia della Costituzione Italiana dovrà essere corretta al più presto.

Prodi ha approfittato di questo, senza alcuna remora di natura etica e nonostante qualche timida osservazione di Napolitano, facendo approvare anche l'ultima legge finanziaria, con i voti determinanti di due senatori a vita. Questo è accaduto nell'indifferenza totale: nessun politico o giornalista ha osato denunciare il fatto che in ultima analisi, costituzione o non costituzione, la legge finanziaria era stata approvata nonostante il voto contrario del popolo italiano, rappresentato dai senatori eletti dal popolo.

Infine, inaspettatamente, dopo una lunga agonia, il colpo di grazia al governo lo ha dato Mastella.

Infatti proprio lui, che si era subito messo, scodinzolante, al sevizio dell'Associazione Nazionale Magistrati modificando, sotto dettatura di questa, la legge di riforma appena fatta da Berlusconi, è stato abbattuto dall'indagine di una scheggia impazzita(?) della magistratura, che ha messo agli arresti la moglie e un nutrito gruppo del suo partito, a seguito di un'indagine, che lo stesso vicepresidente del CSM ha giudicato anomala.

E questo, dopo che era stato fatto oggetto, per settimane, di una violenta campagna mediatica.

Se n'è andato, Mastella. Sbattendo la porta. E insieme con lui se ne sono andati 500.000 voti raccolti dal suo partito, nelle elezioni politiche.

Tenuto conto che alla Camera Prodi aveva vinto con 24.000 voti, questo significava che il premio di maggioranza conquistato era virtualmente decaduto. Ormai l'apparente maggioranza dei numeri, alla Camera, era un vero e proprio falso!

Qualsiasi uomo politico con un minimo di sensibilità delle istituzioni avrebbe capito che l'unica cosa da farsi era di andare di corsa dal presidente della repubblica e dare le dimissioni.

Invece l'uomo, di cui parliamo, ha preteso di andare a chiedere la fiducia in entrambe le camere.

Sensibilità verso le istituzioni, è stato detto. Solo arroganza di un burocrate, avvinghiato al potere, che si vedeva sfuggire la possibilità di nominare 600 managers di aziende pubbliche, che avrebbero significato un ulteriore rafforzamento del già grande potere tentacolare della “cupola” affaristico-politico-culturale, che fa capo al centro-sinistra.

Alla Camera con i deputati conquistati con il premio di maggioranza (che virtualmente sarebbero dovuti decadere con il passaggio all'opposizione dell'Udeur!) ha avuto la fiducia. Al Senato, pur giocandosi ancora una volta la carta dei senatori a vita, è stato bocciato. Irrimediabilmente.

Finalmente l'Italia si è liberata, speriamo per sempre, di questo nobiluomo della politica!

Ora attendiamo le decisioni di Napolitano. E che non siano troppo lente! Deve scusarci, il presidente, ma noi alla serenità di giudizio da parte di chi ha militato tutta una vita con una parte politica abbiamo difficoltà a credere.

Ci sentiamo di dire che comprendiamo la fretta del centro-destra e la diffidenza verso azioni tese a posticipare la data delle elezioni, qualsiasi sia il pretesto. Contro le manovre più o meno trasparenti di certi personaggi e di certi poteri, l'unica risposta, veramente democratica, è di restituire la sovranità al popolo.


25 gennaio 2008


LICENZIATO!


Prodi è stato licenziato! Il Senato della Repubblica, nonostante il voto favorevole di cinque senatori a vita, ha bocciato Prodi con 156 voti a 161. Finalmente viene cacciato chi ha fatto strame di qualsiasi sensibilità democratica, imponendo agli italiani una Legge Finanziaria approvata con il voto dei senatori a vita, ma bocciata dai senatori eletti dal popolo, gli unici depositari della sua sovranità.

Finalmente viene cacciato chi, all'indomani delle elezioni del 2006, in cui aveva prevalso alla Camera per soli 24000 voti e al Senato aveva avuto 300.000 voti in meno della CdL, ha arrogantemente preteso di governare da solo, rifiutando la mano tesa di Berlusconi, che gli proponeva un governo di larghe intese per risolvere insieme i problemi del Paese e, per giunta occupava tutte le cariche istituzionali: Presidenza della Repubblica, Presidenza del Senato, Presidenza della Camera.

Finalmente viene cacciato chi, dopo che un Partito della maggioranza, l'Udeur, ha ritirato il suo appoggio, pretendeva di continuare a governare, nonostante l'evidenza politica che questo fatto significasse il venir meno dei 500.000 voti presi dall'Udeur e che, quindi, la maggioranza non era più tale, né alla Camera né al Senato.

Ciò nonostante, l'arroganza fatta uomo ha preteso la conta dei voti al Senato, anche contro i suggerimenti del Presidente della Repubblica e quelli del sempre più disperato Veltroni.

Ora speriamo che questo tristo personaggio sia spazzato via, definitivamente, dalla scena politica italiana e che non torni mai più ad offendere la nostra vista.

Ora pensiamo all'enorme lavoro che il Centro Destra deve affrontare per rimediare ai guasti della Sinistra comunista, catto-comunista e ambientalista.

Si tratta di mettere giù le linee guida di un programma che guardi alle vere esigenze del Paese, e quindi di spiegarlo agli italiani, per ottenere il loro appoggio partecipativo, evitando ogni tentazione di ricorrere a facili slogan elettorali, che poi non possano tradursi in effettive azioni di governo.

Gli Italiani sono sufficientemente maturi e non vogliono più essere presi in giro!

L'altra sera Fini, a “Porta a Porta”, ha cominciato bene quando ha affermato di aver posto subito sul tappeto a Berlusconi la necessità di una moralizzazione della politica. Fini ha toccato un punto nevralgico dei mali italiani, che richiederà un'azione radicale e di non facile attuazione, ma che è ineludibile.

Un Paese che sta tirando la cinghia, e si vede sempre più povero, non accetta più finanze pubbliche allegre o politici inefficienti.

L'altro punto cruciale che deve essere inserito nel programma è la riforma della Giustizia, con questi obiettivi: certezza della pena, sentenze rapide e separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e giudicanti. Per i magistrati inquirenti sarebbe opportuno prendere in considerazione di farne cariche elettive.

Altro punto che il Centro-Destra deve affrontare e portare a soluzione é quello di portare via dalle strade la prostituzione: sono anni che se ne parla ma non se ne fa mai niente! Bene è ora di fare qualcosa.

Il Centro-Destra ha una grande chance. Questa volta non deluda gli italiani!

15 gennaio 2008




Siamo pieni di “monnezza”

In questi giorni stiamo vivendo tutti la drammatica situazione in cui versa Napoli e buona parte della Campania, con le strade sommerse da migliaia di tonnellate di rifiuti, che non si sa dove portare.
La manifesta incapacità di un'intera classe dirigente, che negli anni non ha preso le decisioni che doveva prendere, ha portato ad una situazione, che è completamente sfuggita di mano e di cui ancora non conosciamo le possibili vie d'uscita.
Tutto questo è successo in una regione che da oltre dieci anni è amministrata dal centro sinistra e dove il capoluogo, Napoli e la maggioranza di tutti i comuni sono amministrati da giunte di centrosinistra.
L'attuale presidente della regione, Bassolino, è stato prima sindaco di Napoli, poi è stato eletto presidente della regione con oltre il 60% di voti. Credo proprio che, questa volta, i napoletani debbano avere qualche motivo di riflessione.
Fin dall'inizio Bassolino è stato il “deus ex machina” per l'attuazione dell'ottimo “Piano per la gestione dei rifiuti”, che il precedente presidente Rastrelli (di AN) aveva redatto insieme a Edo Ronchi e dove erano stati previsti, oltre alla raccolta differenziata, la costruzione di cinque termovalorizzatori.
Nessuno ci ha spiegato perchè il piano non è stato realizzato come era stato approvato, nonostante la spesa di circa dieci miliardi di euro in dieci anni, la creazione di un commissariato ad hoc e la costituzione di consorzi per effettuare la raccolta differenziata.
Speriamo che la magistratura campana fra una intercettazione di Berlusconi e l'altra, trovi anche il tempo di vedere queste quisquilie.
Una cosa è chiara a tutti gli italiani e cioè che chi ha governato in tutti questi dieci anni la Campania, dovrebbe avere, almeno, la dignità di farsi da parte.
Purtroppo, però, dobbiamo constatare che abbiamo a che fare oltre che con la monnezza per le strade anche con altra monnezza, quella rappresentata da uomini politici incapaci e senza dignità.
E la puzza della monnezza dilaga in tutta Italia e anche nell'Università: che altro sono del resto, se non monnezza quei professori universitari e studenti che hanno occupato il rettorato dell'Università “La Sapienza “ per negare la libertà di parola al Papa?
E questa monnezza, dobbiamo constatare, è tutta di Sinistra.
Meditate gente. Meditate.