05 gennaio 2007


Venerdì, 5 Gennaio 2007
Il messaggio di “nonno” Napolitano.

Come tradizione, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto alla fine dell'anno un messaggio augurale agli Italiani.
Il cuore del messaggio è stato un'ormai ricorrente, per questo presidente, esortazione alle parti politiche a spuntare le armi della polemica sterile e cercare, su questioni di importanza critica per lo sviluppo del Paese, un dialogo costruttivo, pur nelle differenze istituzionali fra maggioranza e opposizione.
Certamente un argomento su cui è difficile non essere d'accordo (eppure, proprio dalla maggioranza, in particolare da Diliberto, dei Comunisti Italiani, si risponde che con “questa Destra” non è possibile alcun dialogo!).
Mi sorge spontanea una riflessione: ma questo brav'uomo di Napolitano dov'era quando, imperante (si fa per dire!) Berlusconi, le sinistre di ogni risma, facevano una guerra totale al governo? Dov'era quando le stesse sinistre inscenavano girotondi, manifestazioni, appelli al capo dello stato, contro ogni legge approvata dalla maggioranza? Dov'era quando le sinistre
paventavano ad ogni piè sospinto attentati alla Costituzione e alle libertà democratiche?
Certo, non era ancora presidente della Repubblica, ma era pur sempre un senatore a vita, quindi nella condizione ideale per poter esprimere il proprio pensiero autorevole, senza dover sottostare a vincoli di Partito. Eppure non ricordo di avergli sentito deprecare, almeno una volta, questi comportamenti.
Certamente, se lo avesse fatto, difficilmente oggi sarebbe l'inquilino del Quirinale, ma
un uomo politico, d'altra parte, deve avere il coraggio civile delle proprie convinzioni anche affrontando dei rischi per la propria carriera politica.
E' vero di politici coraggiosi nel nostro Parlamento non abbiamo molti esempi; abbiamo invece moltissimi esempi di politici opportunisti.
Anche il nostro uomo non brilla per coraggio in decisioni rischiose. Nel 1956 non ebbe il coraggio di censurare l'aggressione dei carri armati sovietici contro gli insorti di Budapest. Anzi il suo spirito gregario lo portò a auspicare ed acclamare tale intervento, al contrario di qualche (non molti per la verità!) compagno di partito, che in quell'occasione lasciò il PCI.
Nel corso del suo intervento, Giorgio Napolitano ha voluto sottolineare che gli auguri voleva farli anche in veste di nonno. E sì, hanno scoperto che la figura del nonno piace, “tira”, come si dice in termini pubblicitari, e allora ecco che Napolitano si scopre nonno e Prodi si precipita a farsi riprendere in televisione con i nipotini al collo, nella speranza di risalire la china dei consensi, che ultimamente aveva disceso pericolosamente.
Come “nonno”, Napolitano non poteva non raccontarci una bella favoletta. E, cosa di meglio se non il trito e ritrito richiamo alla Resistenza, dove si sa, da una parte troviamo i partigiani buoni e dall'altra parte troviamo i fascisti cattivi.
Certo, ultimamente dopo sessantanni, qualcuno sta provando a rimettere le cose al suo posto. E, così, la Resistenza, viene chiamata per quello che realmente è stata: guerra civile.
E, in quella guerra civile c'erano buoni e cattivi da entrambe le parti, come sempre accade.
Roberto Vivarelli, storico della Resistenza, che mai si pentì di aver aderito da giovane alla R.S.I. e morto recentemente, ha scritto “ ci si può schierare dalla parte sbagliata per nobili motivi e schierarsi dalla parte giusta per motivi ignobili”.
Dopo sessantanni invece della favoletta trita e ritrita mi aspetterei da un presidente della Repubblica, che vuole essere un presidente di tutti, un discorso senza favolette ma che ufficializzi la realtà che gli Italiani hanno sempre saputo. Questo sì che aprirebbe in Italia un nuovo periodo storico e un nuovo modo di vivere la politica.
Un giornalista di sinistra, Giampaolo Pansa, ha avuto il coraggio di cominciare a lacerare le nebbie della menzogna che hanno ammorbato la politica del dopoguerra, e ne sta pagando le conseguenze con una feroce polemica e con il tentativo (finora riuscito) di isolamento mediatico.
Giorgio Napolitano avrà il coraggio di fare il Giampaolo Pansa della Politica italiana?