Conformismo sinistro.
Il conformismo, il “politically correct” è la caratteristica sempre più caratterizzante, la nostra epoca.
Il coacervo politico-cultural-economico dominante, marginalizza, boicotta e alle volte perseguita con la legge, il pensiero diverso. Se non vuoi essere emarginato e boicottato, che per molti può significare restare senza lavoro, ti devi adeguare.
Recentemente è uscito un libro di memorie di Al Bano, “E' la mia vita”. Oltre centomila copie vendute in pochi giorni. Fra l'altro, Al Bano denuncia il clima di intimidazione che si trovò ad affrontare per non aver voluto aderire ad un certo giro politico, dopo aver risposto bruscamente a chi gli faceva i complimenti per indossare una sciarpa rossa, che questa non aveva il significato che l'interlocutore voleva dargli. “Rifiutando di prendere una precisa posizione politica nei confronti di un partito che aveva un peso determinante nel mondo dello spettacolo, avevo decretato la mia morte artistica. In quell'ambiente c'era l'ordine di ignorare il mio nome e le mie canzoni.”
La cupola politico-culturale veicola al pubblico solo l'informazione che è conforme alla propria visione politico-culturale ed ai propri interessi economici. E questo, come si è visto, prescinde da chi sia effettivamente al governo. Cinque anni di centrodestra hanno cambiato poco o nulla: la sinistra è partita da lontano e ci vorranno decenni di gramscismo di destra, ammesso che la destra sia in grado di farlo, per recuperare il terreno perduto.
I programmi di evasione e le cosiddette “fictions”, sono i migliori strumenti per “educare” in modo surrettizio, gli ascoltatori. Così vediamo i personaggi più simpatici, che assumono posizioni culturali ed orientamenti sempre inequivocabilmente di sinistra. Nonno Libero, non può che leggere “l'Unità”. Di rincalzo, ad un personaggio odioso e cattivo gli si mette im mano “Il Giornale”, per identificarlo con la destra.
Abbiamo visto la fiction “Capri” dove, il telespettatore partecipando emotivamente alle disavventure di un immigrato clandestino di colore, finisce col realizzare che la colpa di tutte le sue difficoltà sta nella legge Fini-Bossi. Un messaggio falso e deviante dalla realtà oggettiva dei problemi dell'immigrazione clandestina, ma estremamente efficace, per influenzare l'opinione dei telespettatori su queste problematiche.
L'ultima fiction “Graffio di Tigre” ci ripropone il fascista, bieco e violento, che martirizza i poveri partigiani, buoni ed idealisti. Una piazza vuota con il fascista arrogante che cerca, invano, di arruolare i cittadini nel nuovo esercito della Repubblica Sociale, è un'altra manipolazione della verità storica, come vedremo più avanti. Si fanno vedere i partigiani impiccati, ma nulla si dice sui tanti innocenti torturati e trucidati, senza pietà, dai partigiani, per motivi di sicurezza, solo per il fatto di essersi trovati, per caso, in una zona da loro presidiata. Ricordate i tanti film che ci hanno propinato, per anni, con i pellerossa rappresentati sempre come feroci e sanguinari? Ci muovevamo a compassione per i coraggiosi pionieri americani, che volevano portare la “civiltà”a quei selvaggi; finchè qualcuno non cominciò a guardare i fatti da un'altra prospettiva e ci fece scoprire che le divise blu erano state molto più sanguinarie ed i veri selvaggi erano stati i “visi pallidi”.
Giorgio Napolitano, recentemente, ha trovato il coraggio di denunciare le omissioni, l'oblio e una vera e propria forma di negazionismo, che da parte della sinistra comunista e non solo, sono stati voluti pur di non parlare della, politicamente scomoda, tragedia delle foibe e della pulizia etnica fatta, dai comunisti titini contro gli italiani, in Istria e Dalmazia, talvolta con la collaborazione dei partigiani comunisti italiani.
Credo che Napolitano abbia fatto molto bene a fare questo primo passo, ma per l'appunto è solo un inizio e non si può fermare a questo. E' l'intera storia della guerra civile italiana che va riscritta, depurata di tutte le falsità e omissioni volute dal pci, per stretti motivi di convenienza politica.
E non basta che Napolitano faccia il fioretto una tantum, se poi in televisione continuiamo a vedere la storia addomesticata, ad uso e consumo della solita cricca politico culturale.
I nani e le ballerine della nostra televisione devono smetterla di falsare la Storia del nostro Paese per ingraziarsi il favore della cupola politico-culturale dominante.
Un coraggioso e onesto giornalista di sinistra, condirettore del “l'Espresso”, Giampaolo Pansa ha gettato un sasso, anzi un macigno, nello stagno maleodorante del mito resistenziale costruito dal pci ed avallato dalla colpevole latitanza ed ignavia della classe politica democristiana. Dopo “Il sangue dei vinti”, libro in cui denuncia i crimini commessi dai partigiani comunisti durante e dopo la fine della guerra civile, con il libro, “La grande bugia”, Pansa sferra un pesante attacco all'establishment politico-culturale di sinistra, che in sessant'anni ha stravolto la storia della guerra civile, con “un diluvio di faziosità, di ipocrisie, di opportunismi partitici e ideologici, di retorica, di falsità”.
Ecco cosa dice, invece, Pansa sull'adesione degli italiani alla Repubblica Sociale.
“Molti italiani restarono fascisti anche dopo i disastri originati dalla guerra, dalla nostra alleanza con la Germania nazista e dalla catastrofe dell'8 settembre. La Repubblica Sociale ha avuto una consistente base di massa, in tutti i ceti sociali. Questo consenso, assai più ridotto ma ben più rischioso di quello del ventennio, concluso dalla crisi del 25 luglio 1943, rimase intatto per i venti mesi della guerra civile. Non si attenuò neppure quando risultò chiaro che Mussolini, ormai, aveva perso l'ultima battaglia.” “Quasi sempre era gente qualunque, per usare un'immagine che non mi piace, ma che serve a chiarire quel che voglio dirle: impiegati, insegnanti, artigiani, operai, pensionati, casalinghe, professionisti, contadini, piccoli proprietari agricoli, sacerdoti, e così via.”
Un altro contributo sulla storia della Resistenza e sul vero clima che si respirava fra le bande partigiane di diverso credo politico, lo ha portato il regista Renzo Martinelli con il film “Porzus”, nel quale ricostruisce l'eccidio di 22 partigiani verdi (così erano definiti quelli di formazione anticomunista) da parte dei partigiani comunisti della “Garibaldi”. I diritti del film sono di proprietà della rai, ma finora, a diversi anni dalla sua produzione, non è stato possibile vederlo in televisione. A chi dà fastidio la verità?
Si dice che sia in preparazione la sceneggiatura per fare una fiction su “Il sangue dei vinti”. Pansa, per primo, è molto scettico al riguardo. Conosce bene i suoi polli. E sta già sperimentando il fuoco di sbarramento e le contestazioni, anche violente, che vengono fatte nei suoi confronti.
Giorgio Napolitano ha detto che la riconciliazione fra i popoli si deve basare sulla verità. Non crede che sia ora di farlo anche in Italia? Ne parli con i suoi compagni!